105 giorni. Sono passati 4 mesi dall’arresto dei 18 pescatori mazaresi in terra libica. Le risposte arrivate sono molte altalenanti. La promessa data alle famiglie è che prima o poi i loro mariti e padri ritorneranno, ma non si sa quando. Nel mentre i giorni passano e l’angoscia delle famiglie aumenta. Il processo ancora per i 18 cittadini siciliani non si è svolto. Di Maio e la Farnesina hanno comunque voluto dare un messaggio positivo.
LE PAROLE DI DI MAIO: “STIAMO LAVORANDO”
“Stiamo lavorando per riaverli ma senza cedere ai ricatti ─ ha detto il numero uno della Farnesina ─. È inaccettabile che Haftar dica che ce li ridà in cambio di altre persone. Poi ha aggiunto: «Il problema è che sono andati in acque che noi da dieci anni sconsigliamo. E sono finiti nelle mani di un autoproclamato governo e una autoproclamata milizia che dice che hanno violato la zona militare. E ora sono in stato di fermo, non per loro ─ ha sottolineato ─ ma per i prossimi. Perché è un’abitudine andare a pescare lì ed è un problema”
L’ARMATORE MARRONE: “RIPORTATELI A CASA”
Marco Marrone, l’armatore del motopesca Medinea, come riporta il Giornale di Sicilia non è d’accordo con il ministro degli Esteri, e ha detto: «Le parole di Di Maio relative alle acque dove pescavano i pescherecci quando i libici li hanno sequestrati, in questo momento ci sembrano inadatte e non portano da nessuna parte. Alimentano solo polemiche e rischiano di scaldare gli animi dei familiari che attendono i loro uomini da tre mesi e mezzo. Il Ministro degli Esteri o le accetta come acque libiche oppure le protegga in quanto acque internazionali, prima però ─ ha concluso Marrone ─ si preoccupi di riportare a casa al più presto tutti e diciotto i pescatori