“A rischio c’è che lo Stato, e con lui l’intera comunità nazionale, perda la sfida lanciata alla mafia da Pio La Torre e Virginio Rognoni con la legge che porta il loro nome: i numeri sono impietosi e parlano di un tasso altissimo di mortalità delle aziende confiscate e una
percentuale ancora insufficiente di riuso dei beni immobili confiscati”. Così Claudio Fava, (nella foto sotto) presidente della Commissione antimafia dell’Assemblea Regionale Siciliana che oggi ha approvato la relazione conclusiva sui beni sequestrati e confiscati alla mafia in Sicilia, otto mesi di lavoro e settantuno audizioni.
Nella relazione finale si legge che “le testimonianze raccolte, i dati analizzati, gli approfondimenti svolti da questa Commissione non lasciano dubbi: la disciplina sul sequestro e la confisca dei beni alle mafie necessita di volontà politica e ddeterminazione istituzionale ed è da ripensare.”
8n particolare, in Sicilia i dati sono impietosi. Su 780 imprese definitivamente confiscate solo 39 sono attive. Per quanto riguarda quelle “destinate”, solo 11 su 459 non sono state poste in liquidazione.
Emerge la mancanza di un approccio manageriale da parte dell’Agenzia il cui restart, annunciato dal precedente direttore, il prefetto Frattasi, è rimasto per molti aspetti solo sulla carta. Poca sinergia istituzionale fra i soggetti (Agenzia, coadiutori giudiziari, enti
locali, prefetture, tribunali…). Manca un reale sistema di sostegno delle imprese confiscate, spesso disarmate di fronte ai sabotaggi del
mercato e al ritorno di fiamma di Cosa nostra, viene spiegato in conferenza. Troppi i beni immobili che risultano ancora occupati da coloro a cui erano stati confiscati:
per lo Stato e per la società civile, danno e beffa insieme. Grave, poi, che il vulnus emerga spesso solo grazie alla volenterosa attività
di monitoraggio svolta da alcune associazioni del terzo settore.”
La relazione non si è limitata a un lavoro di ricognizione delle criticità ma ha provato ad immaginare alcune soluzioni da proporre al
legislatore nazionale e a quello regionale: dall’istituzione di un Fondo unico di sostegno alla costituzione di un Osservatorio regionale
che serva da effettiva cabina di regia, dall’obbligatorietà dei tavoli provinciali permanenti per sostenere le imprese confiscate a interventi concreti sul credito bancario, a una diversa gestione del FUG, Fondo unico di giustizia.