Attivisti per il clima in azione davanti al Comune di Palermo: “Cancellate il protocollo della vergogna”

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Questa mattina, mentre il Comune apriva i battenti, un gruppo di cittadine e cittadini che si battono per la giustizia climatica, ha portato avanti un’azione dimostrativa davanti a Palazzo delle Aquile. Sono una ventina, tengono in mano striscioni e cartelli, alcuni di loro hanno il volto imbrattato di petrolio. Fanno parte di Fridays For Future Palermo, Ecologia Politica Palermo, Extinction Rebellion Palermo, A Sud Sicilia e A.P.E. (Assemblea Popolare Ecologista).

Il gruppo ha portato una richiesta precisa per la giunta e per il Sindaco: “annullare il protocollo di intesa che il Comune di Palermo e l’ANCI Sicilia hanno siglato con Eni a dicembre scorso”.

Il protocollo, secondo quanto si legge sul documento, è “finalizzato a valutare congiuntamente la fattibilità di possibili iniziative di divulgazione, formazione, promozione, studio e sperimentazione sul tema dell’economia circolare” in diversi ambiti, nell’ottica della sostenibilità ambientale. Ma proprio sul fatto che il comune abbia scelto Eni, colosso di petrolio e gas, per un protocollo che abbia a che fare con economia circolare e sostenibilità, è inaccettabile per gli attivisti.

“Consideriamo questo protocollo una vergogna, in primo luogo, perché sappiamo bene che Eni è la peggiore azienda italiana per emissioni di gas serra e tra le più inquinanti al mondo. La sua storia è legata alla devastazione di territori e avvelenamento di intere comunità in diverse parti del mondo. Senza andare troppo lontano ricordiamo la tragedia ecologica di Gela, dove, per citare soltanto un dato, si registrano tra i più alti tassi di malformazioni infantili d’Europa” spiegano gli attivisti, tenendo in mano, tra gli altri, un cartello con scritto Gela sangue del nostro sangue.

“Sapere, poi, che le nostre istituzioni si rivolgano a Eni proprio in tema di economia circolare e sostenibilità ambientale è il peggiore dei nostri incubi. Il cane a sei zampe si impegna da anni per raccontarsi in un percorso green, ma rimane ancorato a investimenti (e profitti sempre più alti!) legati ai combustibili fossili. Il suo è soltanto un greenwashing sempre più sfacciato, che si si regge non solo sull’ingente spesa in pubblicità e marketing, ma sull’ancora più inquietante influenza che esercita nelle istituzioni, negli enti locali, nelle scuole, finanziando progetti e opere per i territori, costruendo un’immagine di sé pulita e generosa” continuano i manifestanti. 

“Una narrazione più volte sbugiardata da decine di inchieste e report di ong e associazioni, condannata dall’antitrust, e smentita dagli stessi piani di investimenti dell’azienda. Nel piano d’azione 2021-24, ad esempio, il cane a sei zampe ha impegnato 1,4 miliardi l’anno su attività “green”, tra cui le finte soluzioni come la bioraffineria che va avanti ad olio di palma o la compensazione di CO2 attraverso la riforestazione, a fronte dei 4,5 miliardi l’anno destinati comunque a petrolio e gas. Eni dice di voler annullare le emissioni entro il 2050 ma i dati ci dicono che sta facendo tutt’altro, ed il fatto è ancora più grave se si considera che Eni è una partecipata italiana”.  

“Anche rispetto al momento attuale più stringente, con la drammatica guerra in Ucraina e la pesante crisi energetica mondiale, la multinazionale mostra un aspetto inquietante” secondo i manifestanti che continuano dicendo: “Da un lato i suoi stretti e storici rapporti con Gazprom la pongono in una posizione molto ambigua rispetto alla Russia, dall’altro mentre le famiglie e le piccole imprese vengono schiacciate dall’impennata dei prezzi dell’energia, nell’ultimo trimestre del 2021, Eni ha moltiplicato i profitti anche grazie al balzo dei prezzi del gas. Con queste premesse e con la crisi climatica che si manifesta in maniera sempre più violenta, con gli allarmi lanciati dalla comunità scientifica internazionale (IPCC) su come la finestra di tempo che abbiamo per intervenire in mitigazione e adattamento si restringe velocissimamente, non possiamo che considerare criminale un’azienda come Eni”.

Gli attivisti srotolano gli striscioni e mostrano i cartelli. La maggior parte di loro sono giovani, preoccupati per il futuro drammatico che li aspetta se non si cambia rotta in maniera radicale, dalle istituzioni locali alle governance internazionali, abbandonando sul serio i combustibili fossili. Lanciano il loro appello al megafono, rivolti alle stanze del Comune: “Il Sindaco di Palermo e la sua giunta devono avere il coraggio politico di cancellare questo protocollo. Glielo chiediamo da dicembre. Abbiamo organizzato un’assemblea pubblica invitando la giunta, abbiamo inviato mail ufficiali per chiedere un incontro, senza ricevere risposta. Oggi siamo qua per ribadire la nostra richiesta e per denunciare pubblicamente quanto sia inaccettabile questo accordo. Torneremo il 25 marzo affiancando, alle istanze internazionali dello sciopero globale per il clima, questa nostra battaglia locale. In un mondo in cui la minaccia del cambiamento climatico è stata definita dal segretario dell’Onu, un codice rosso per l’umanità, non ci deve essere spazio nelle istituzioni pubbliche per aziende criminali come Eni. Continuiamo a rifiutarci di pensare che la Giunta abbia firmato con leggerezza un documento del genere, denotando un totale disinteresse verso una serie strategia ambientale locale. Chiediamo a gran voce di cancellarlo”.