Il Libersind Confsal considera, un positivo risultato inaspettato per adesioni, lo sciopero dichiarato nei giorni scorsi in occasione del concerto “Noche Espanola”, con il tenore Placido Domingo, andato, tra mille difficoltà, in scena al Teatro Massimo di Palermo.
A parlare sono i numeri: trentotto assenze tra l’orchestra – quarantuno se si considerano anche gli assenti per malattia – e la non presenza quindi di ben otto prime parti, in un organico totale di 75 elementi. Dati che mostrano la mancata qualità dello spettacolo andato in scena.
«Una scelta contro ogni logica artistica – dicono congiuntamente la segreteria aziendale e la segretaria nazionale Libersind Confsal – fatta solo per compiacere Placido Domingo. È andato in scena un concerto completamente rimodulato: senza spalla dei secondi e senza primo corno, a cui erano riservati degli assoli. In pratica il pubblico ha pagato un biglietto per assistere a una semplice “prova” e non allo spettacolo originario. Se l’obiettivo di una Fondazione lirico sinfonica è solo quello dell’intrattenimento, rischiamo di non assolvere completamente alla mission dell’arte e della cultura».
Per dare un termine di paragone riguardo la mancanza di componenti: appena un mese fa, durante le prove dei “Vespri siciliani”, sempre al Teatro Massimo, l’orchestra si è bloccata per l’assenza della prima viola, impegnata in un’assemblea sindacale.
Lo show di Domingo è quindi andato in scena con 20 minuti di ritardo e con una scaletta completamente rimaneggiata.
«È imbarazzante – continuano la segreteria aziendale e la segretaria nazionale Libersind Confsal – che si sia fatto un concerto senza parti reali, e senza gli assoli. È veramente agghiacciante che si arrivi a fatti come questi, che accadono in un teatro dalla direzione debole. Siamo orgogliosi che l’adesione allo sciopero sia stata trasversale e capace di conquistare adesioni oltre la nostra sigla sindacale. Dall’altra parte, il silenzio della direzione del Teatro Massimo di Palermo mostra tutta la sua debolezza nell’incapacità di sedersi a un tavolo con noi per trovare un accordo. A questo punto, non intendiamo fermarci fino a quando non capiremo quale sia la reale situazione all’interno della Fondazione Teatro Massimo. In particolare da un punto di vista economico, per gli impegni futuri, in termini di stabilizzazione del precariato e di nuovi adeguamenti salariali sul personale. Se la Fondazione si ritiene soddisfatta, solo per avere salvato la propria immagine e avere “accontentato” una star, dubitiamo fortemente della cura e dell’attenzione che questa possa riservare ai propri dipendenti. I veri esecutori di uno spettacolo senza i quali i teatri sarebbero cattedrali nel deserto».