Il Covid spinge la corsa al cibo, prezzi al top da 7 anni

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A febbraio 2021 i prezzi dei prodotti alimentari hanno raggiunto a livello mondiale il massimo da quasi sette anni trainati dalle quotazioni in aumento per zucchero, oli vegetali, cereali, latte e carne. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sulla base dell’Indice Fao dei prezzi dei prodotti alimentari, che ha raggiunto in febbraio un valore medio di 116 punti, che rappresenta un incremento del 2,4% rispetto a gennaio, del 26,5% sull’anno precedente e il valore massimo dal luglio 2014. A tirare la volata – sottolinea la Coldiretti – sono i prezzi internazionali del mais, che hanno fatto un balzo in avanti del 45,5% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, mentre i prezzi del frumento del 19,8% ma una tendenza al rialzo si registra anche per l’Indice FAO dei prezzi dello zucchero, degli oli vegetali, dei lattiero caseario e della carne. Con la pandemia da Covid – continua la Coldiretti – si è aperto uno scenario di riduzione degli scambi commerciali, accaparramenti, speculazioni e incertezza per gli effetti dei cambiamenti climatici che spinge la corsa dei singoli Stati ai beni essenziali per garantire l’alimentazione delle popolazione. La paura di non poter soddisfare i bisogni primari come il cibo ha convinto la stessa Unione Europea a lanciare una consultazione pubblica per raccogliere contributi dagli operatori, ma anche dalle autorità e dai cittadini per realizzare un piano finalizzato a conquistare l’autosufficienza alimentare.

La questione non è così pressante come quella dei vaccini anti Covid, ma c’è la consapevolezza che bisogna essere in grado, in tempi brevi, di rispondere alla richiesta di medicine e di cibo. L’emergenza Covid – rileva la Coldiretti – sta innescando un nuovo cortocircuito sul fronte delle materie prime anche nel settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l’Italia che è fortemente deficitaria ed ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities, dal grano al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri. Proprio per i ritardi infrastrutturali in Italia – spiega la Coldiretti – si trasferiscono solo marginalmente gli effetti positivi delle quotazioni sui mercati internazionali che invece impattano molto più pesantemente sul lato dei costi per le imprese soprattutto impegnate nell’allevamento che stanno affrontando una grave crisi.

L’aumento delle quotazioni – sottolinea la Coldiretti – conferma che l’allarme globale provocato dal Coronavirus ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza ma anche le fragilità presenti in Italia sulle quali occorre intervenire per difendere la sovranità alimentare, ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento in un momento di grandi tensioni internazionali e creare nuovi posti di lavoro. “Per cogliere una opportunità unica abbiamo elaborato e proposto per tempo progetti concreti immediatamente cantierabili per l’agroalimentare con una decisa svolta verso la rivoluzione verde, la transizione ecologica e il digitale in grado di offrire un milione di posti di lavoro green entro i prossimi 10 anni” afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini che invita a non trascurare nel Recovery plan le opportunità che vengono dalle campagne.

“Digitalizzazione delle aree rurali, recupero terreni abbandonati, foreste urbane per mitigare l’inquinamento in città, invasi nelle aree interne per risparmiare l’acqua, chimica verde e bioenergie per contrastare i cambiamenti climatici ed interventi specifici nei settori deficitari dai cereali all’allevamento, dalla quarta gamma  fino all’olio di oliva sono – sottolinea Prandini – alcuni dei progetti strategici elaborati dalla Coldiretti insieme a Filiera Italia per la crescita sostenibile a beneficio del sistema Paese. Bisogna ripartire dai nostri punti di forza e l’Italia – conclude Prandini – è prima in Europa per qualità e sicurezza dell’alimentazione dove è possibile investire per dimezzare la dipendenza alimentare dall’estero”.