Debutta in prima nazionale “Don Giovanni involontario” di Vitaliano Brancati

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Fabrizio Falco è il protagonista del Don Giovanni involontario di Vitaliano Brancati nella messa in scena diretta da Francesco Saponaro, che debutta nella Sala Grande del Teatro Biondo di Palermo, in prima nazionale, venerdì 9 dicembre alle ore 21. 

Interpreti, insieme a Falco, sono Antonio Alveario, Giovanni Arezzo, Simona Malato, Annibale Pavone, Claudio Pellegrini, Chiara Peritore, Irene Timpanaro, Daniela Vitale.

Lo spettacolo, prodotto dal Biondo insieme all’Associazione Casa del Contemporaneo di Salerno, replica fino al 18 dicembre.

Don Giovanni involontario èteatro di furori carnali e baruffe da commedia amara che si fa via via trasfigurazione onirica tra vita e morte. La donna, sedotta e abbandonata secondo il genoma culturale del masculo predatore, è ridotta a una sessualità bulimica o ottusamente riproduttiva, che si racconta già nei segni di una moderna trasgressione.

Il testo di Vitaliano Brancati, inconsueto e affascinante, parente stretto del Bell’Antonio e di Paolo il caldo, attraversa le tappe amorose di un borghese pigro e mammone, collezionista di donne fino al disgusto, che ha scelto per le sue imprese galanti una bella casa accanto al cimitero. 

Il protagonista Francesco Musumeci, interpretato da Fabrizio Falco, è un venticinquenne dagli slanci amatori ossessivi, poi un quarantacinquenne che abbandona la sposina giovane e, infine, un cinquantottenne in pieno disfacimento già sul letto di morte. 

Come il suo modello-mito, egli ha un doppio tradito dalla bruttezza che partecipa a ogni avventura, Rosario Zappulla, fedele fino allo scambio di ruolo come Sganarello.

Nel sogno Musumeci crede di essere arrivato alle soglie dell’aldilà e il palcoscenico diventa così aula del processo finale: un diavolo e un angelo devono giudicare il disgraziato peccatore che ha sofferto una via crucis erotica sterile e ripugnante.

La storia travagliata della pièce teatrale dell’autore siciliano, censurata in epoca fascista, si rispecchia nell’ambivalenza del testo che si fa carico delle convenzioni e degli stereotipi più comuni all’epoca nascondendovi, dietro le quinte, la vera natura della gente che la popola. Così l’uomo non è simbolo di un maschilismo incallito e la donna, intraprendente e sessualmente indipendente, mantiene viva un’ideale prosecuzione di quella civiltà matriarcale che il Sud custodisce. 

Alla pubblicazione Don Giovanni involontario stravolse l’iconografia siciliana tradizionale in maniera originale, stuzzicante e di grande impatto scenico, portando con sé la celebrazione della bellezza, della sensualità e della freschezza dell’Isola.

A Francesco Saponaro, regista napoletano, vincitore del Premio E.T.I. e del Premio Associazione Italiana Critici di Teatro, che conosce bene le tradizioni dei suoi natali, il compito di dare nuova luce al testo di Brancati, supportato anche dal un cast con prevalenza di giovani attori. 

Il risultato è una messa in scena originale, vicina alla tradizione e dalle tinte tragicomiche, che oscilla dalle passioni della carne alle trasfigurazioni oniriche.

“Vitaliano Brancati riflette sulla pesante eredità che gli italiani, in particolare i meridionali, ricevono dall’ordinamento familiare, dal modello patriarcale che pretende di stabilire il dominio del maschio per questioni di stirpe dovendo dimostrare a tutti i costi una virilità senza freni. 

Francesco Musumeci attraversa l’intero arco della sua vita schiavo di una pulsione malata nei confronti dell’universo femminile. Un impulso che oggi potremmo tradurre come incapacità a mantenere sentimenti sani e durevoli e un istinto di morte teso a demolire gli affetti. Musumeci non sa amare. Si innamora, insegue disperato la preda e poi quando l’ha raggiunta ecco svanire tutto nella noia profondissima. Il gioco perverso si ripete, nulla a che fare col desiderio, ma col bisogno di consumo dell’altro. Le sue donne sono oggetti d’uso, manifestazioni plastiche dei fantasmi che lo tormentano nelle persecuzioni oniriche fino alla rovina.

La sua è una patologia bulimica, frutto della pressione di un padre-padrone e di un’Italietta panfascista intrisa di retorica e di morbose e ossessive attenzioni materne. Il suo immaginario erotico tocca forse il punto più basso della scala evolutiva e, anche per questo, Francesco Musumeci è un nostro contemporaneo. Con squisita raffinatezza, Brancati, grazie a una vera e propria commistione di generi teatrali, scandaglia l’essere umano con l’uso sapiente del contrasto tragicomico, in una commedia dal sapore amaro e grottesco”. (Francesco Saponaro)